Madre Abina Cupicciotti

Con frode e gelosia

“Senza frode ho appreso la sapienza e senza invidia la dono” (Sap 7,13). Questo brano sapienzale ha una dolcezza e una musicalità che mi ha sempre affascinata, ma applicato a me,  proprio quel dolcissimo significato stride miseramente: di me, io non potrò mai dirlo. Perché la maggior parte di quello che so, io l’ho succhiato, arraffato, rubato quanto e più ho potuto, ovunque e comunque, mezzi leciti o meno: l’ho, in altri termini, sistematicamente frodato. Aiutata dal sistema, certo, ma non per questo giustificata, anzi, quel sistema fatto di giaculatorie del tipo: “Ai miei tempi le novizie… ai miei tempi le giovani professe…” avrebbe dovuto scoraggiare ogni forma di intraprendenza, ma, si sa, il sangue è una materia difficile da gestire.

Ho incontrato Madre Albina ancor prima di entrare in Comunità: ed è stato un bell’incontro. I ricordi di coloro che furono sue novizie, ormai mature alla vigilia di un cinquantesimo, suonavano dolci e fomentavano quel naturale, innocente slancio che è prerogativa assoluta di un’alba vocazionale.
Ho scontrato Madre Albina al primo confronto diretto con la Comunità: ed è stato un bello scontro… di quelli col botto. Disordinata, confusionaria e chiassona per vocazione, per arte e senza colpa, il ritornello lo conoscevo a menadito: “Dovevi stare sotto Madre Albina… l’avessi fatta con lei questa bella alzata d’ingegno…”.
Ricordo la carità di una consorella che, piena di zelo, si era riproposta di farmi amare l’ordine: “Sai, la nostra M. Maestra, Sr. Albina, ci diceva sempre che Dio è ordine”. All’epoca io ero candida come “l’acqua dal ciel piovuta” perciò la mia risposta non recava l’ombra di volontà polemica: “Che Dio è amore ci credo perché me lo dice S. Giovanni… quest’altra definizione, invece, non l’ho mai trovata nella Scrittura”.
Quel giorno, seppur tacitamente, sembrava segnato il divario che mi avrebbe irreparabilmente separata da Madre Albina, “per incompatibilità di carattere” si sarebbe potuto dire… di fatto non fu così. D’altra parte non è detto che la gente destinata ad amarsi sia costretta ad andare d’amore e d’accordo su ogni minimo particolare della vita, anzi, si dice che queste cose funzionino un po’ come per i magneti: ad attrarsi sono i poli opposti. Manco a dirlo, Madre Albina ebbe pietà di questa figliolina tanto diversa da lei e dal suo modello di santità, così quel giorno decise di accostarsi a me, prendermi per mano e guidarmi (o, alla meglio, trascinarmi) per la buona strada . Dal canto mio, io imparai ad amarla, il come e il quando sono cose nostre, a voi basta sapere il perché.
Ma a nessuna sarà sfuggito quel movimento repentino, e alla fine innocentemente spontaneo, che avevo allorquando sentivo parlare di lei: avevo l’impressione che perfino le mie orecchie si fossero dotate di moto proprio. Dall’indifferenza, al solo sentirla nominare, scattavo oltre la soglia di vigilanza pronta a prendere tutto quanto mi era possibile, a domandare, chiedere, implorare ed elemosinare senza decoro anche solo una parola in più su di lei. Ho idea che nessuna delle sue figlie da me conosciute possa vantare di essere riuscita a sottrarsi ai miei strenui assalti, ai miei agguerriti interrogatori: volente o nolente tutte hanno contribuito a darmi qualcosa di lei.
E ciò che di Madre Albina non sono riuscite a darmi loro con i loro ricordi, l’ho appreso dai suoi scritti, i pochi su cui sono riuscita a mettere gli occhi. Sono tesori di un’anima cui non si può che accostarsi con delicatezza e tremore, con affetto e partecipazione. Non si può che amare quelle poche righe spesso scritte a matita, appunti gettati lì da un cuore di cui solo in paradiso, forse, comprenderemo la profondità e la capacità struggente di una passione che la bruciava, consumandola d’amore per Dio e per la Congregazione.
Penso che tutte leggendo quell’ultima gemma: “…Fino a morirne”, – pervenutaci come atto d’amore, posso assicurarlo, anche da parte di chi ha deciso di pubblicarla – ha sperimentato la contagiosità benefica di quella febbre d’amore per la Congregazione.
C’è poi un’altra fonte preziosa, indiretta forse, ma che ben utilizzata può risultare estremamente fruttuosa: la Positio. All’epoca del Processo Informativo sulle virtù del Fondatore, Madre Albina contava appena 42 anni, eppure si rivela una teste estremamente importante: ha spulciato con responsabile scrupolo e amorosa curiosità tutti gli scritti del Fondatore, ma ciò che risulta per noi più importante, è che ha maturato una spiccata familiarità – e non è un’esagerazione – con i tratti spirituali e caratteriali di Tommaso M. Fusco. Lo conosce, lo capisce, lo intuisce e previene… sono i misteri di anime grandi che si parlano col cuore attraverso il tempo per mezzo di poche righe scritte. Ma di questo rapporto speciale godiamo anche noi: parlando del Fondatore Madre Albina non può che parlare di se stessa, esprimendo tra le righe la propria spiritualità in sintonia – se non in simbiosi – con Tommaso M. Fusco, pur manifestando spesso, e con una semplicità che commuove, lo sforzo e la fatica del cammino nella sequela di questo esigente maestro.
È dalla sua deposizione nella Positio che ho potuto ricostruire l’attimo, il Big-Beng come mi piace definirlo, della nascita della Congregazione, del suo concepimento nel cuore del Fondatore: ma questa è un’altra storia… eppure è stata una sua espressione di meraviglia, conservata tra quelle pagine così ufficiali, che – messa insieme a spezzoni di racconti fattimi soprattutto da Madre Ofelia – ha catturato la mia attenzione e focalizzato tutti i miei sforzi di ricerca. In quell’occasione, e solo per un attimo, anch’io sono stata un anellino di quella catena grazie alla quale la più bella tradizione della Congregazione rivive nella riscoperta del Carisma: lo devo a Madre Albina, ma anche a chi ha voluto, consapevolmente o meno, mettermi a parte dei propri ricordi su di lei, raccontando, ricordando, accettando spesso di essere amabilmente circuita, insidiata dalle mie domande esplicite o meno, acconsentendo più spesso ancora di essere vittima di quella sistematica, fruttuosissima arte della frode che ho affinata nel tempo.
“Con frode ho appreso la sapienza… con gelosia la dono”. Sì, con gelosia: senza invidia, cioè, ma con gelosia, con quel sentimento che tanto sa di passione d’amore.
Ciò che si apprende con fatica e col gusto proprio della fatica, si dona con gioia, ma con l’umile e decisa pretesa che sia un dono riconosciuto in tutta la sua preziosità: come tesoro della Congregazione che va custodito con gelosia, tramandato con passione, ruminato con gusto, riattualizzato e vivificato con amore…costi quel che costi


Le donne… di un Santo

Introduzione ad un mondo

Sr. Alfonsina
Don Tommaso la ritenne veramente cresciuta la sua Aminta, se sollevò per lei il velo col quale durante quegli anni aveva accuratamente nascostola pesantezza di quel fardello che ormai lo stava portando alla fine…(dall’articolo)

 Sr. Celestina
Ieri come oggi, di generazione in generazione, fortunatamente, nella Congregazione c’è stato chi ha voluto sapere, e, ringraziando Dio,i giorni trascinandosi dalla Chiesa al coretto e viceversa: Sr. Celestina.

Sr. Pacifica e Sr. Gerardina. Quando si dice: “Due cuori e una capanna”.
I due cuori – grandi, grandissimi, sconfinati così come servivano per coprire l’oceano – erano quelli appunto di Sr. Gerardina e Sr. Pacifica; uno scantinato in un sobborgo dell’America fuligginosa del primo novecento, fu la loro prima abitazione...(dall’articolo)

Chiarina: compagna di cammino
L’icona più cara  ai nostri occhi, immortalata  dalle testimonianze  della stessa Chiarina, è di una serenità  sorprendente, e ritrae  Tommasino serio e compunto,tutto intento ad  “officiare” la sua “Messa”  su un altarino di pietra nel giardino di casa, avendo quale altrettanto seria e compunta inserviente, la docile Chiarina(dall’articolo) 

Sr. Marcellina: quando semplicità e simpatia entrano in Convento
Il  giorno  della  Vestizione:  l’abito  bianco  da  sposa,  gli  occhi  limpidi  di bimba, lo sfavillio di una lacrima, ma di gioia, il sorriso puro, le guance rosse della gioventù sul pallore dell’emozione. Cara, piccola, sorellina, icona sempre giovane della nostra vocazione alla felicità, insegnaci a “marciare” anche noi verso il Signore con l’entusiasmo dei tuoi passi gioiosi, con la semplicità del tuo eterno sorriso(dall’articolo).